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Musica e geometria sacra nell’Antica Grecia

Quale significato diamo normalmente alla musica? Che si tratti di compositori, insegnanti, cultori appassionati o semplici fruitori, molti di noi posseggono la capacità, lucida o inconscia, di legare il mondo dei suoni a qualcosa che travalica la vita comune.


Richard Wagner condusse l’intrepido Parsifal nella cerca del Graal; Jim Morrison varcò le porte della percezione e seppe persino offrirne un lieve ricordo alle masse, facendosi sciamano del rock; John Cage ci ricordò che il silenzio, in quanto non-manifestazione del suono, è suono esso stesso. Chi ascolta davvero, e sa scorgere nella musica la vita stessa, può raggiungere questo tipo di comprensione senza essere necessariamente un addetto ai lavori.


Naturalmente oggi più che mai, pur trattandosi di un fenomeno antico come il mondo, la visione della musica che ha il sopravvento è quella più esteriore, che ne fa un abito tra i tanti da indossare al galà dell’apparenza. L’intrattenimento musicale sa relegarci al mondo materiale come poche altre cose, facendo leva sulle emozioni più grossolane e confuse, al pari di un hot dog. Tuttavia non è il caso di creare una rigida dualità a separare la musica come arte dalla musica come intrattenimento: più spesso il confine è labile anche in questo caso e può capitare di trovare una bellezza persino metafisica nascosta tra le pieghe di un linguaggio dichiaratamente di massa. Piuttosto è importante sottolineare come nel terzo millennio sia difficile immaginarsi la musica sotto un diverso, e tuttavia più antico, punto di vista: quello esoterico. Troviamo invece questo aspetto fortemente connaturato nella tradizione musicale dell’antica civiltà greca, qualora analizzata nella sua espressione armonica.


Il mondo musicale greco e le sue fondamenta teoriche non possono prescindere da una considerazione metafisica del suono. La connotazione magica data al suono nella Grecia arcaica (VIII-VI secolo a.C.) collega la musica direttamente ai miti e, di conseguenza, all’atto della creazione. Il suono stesso (incarnato negli strumenti e nel canto) è un potere sia costruttivo che distruttivo degli dei: gli umani possono essere trasformati o incantati attraverso i suoni. Così l’uomo vede nella musica un potere alchemico da acquisire, atto a manipolare la propria condizione e non soltanto la realtà circostante, e dunque finalizzato alla compenetrazione tra umano e divino.


Durante l’età classica ed ellenica (V-I secolo. a.C.), grazie anche al decisivo apporto del pensiero pitagorico, si arriva in sostanza alla fusione tra musica ed ethos, ovvero le finalità etico-educative della musica divengono infine preminenti: i modi attraverso i quali si esprimono le melodie si caratterizzano per i sentimenti in grado di indurre. Oggi, nella civiltà occidentale, difficilmente penseremmo che una scala può davvero rafforzare la dolcezza di un individuo ed un’altra inasprirne il carattere. Siamo più orientati a percepire soggettivamente lo stato d’animo, magari anche passeggero, in cui un brano riesce a catapultarci. Sotto questo punto di vista la musica greca antica offre una visione più dettagliata, microscopica, del rapporto tra suono e animo umano, seppure fondata su un’architettura armonica essenziale.


L’essenzialità si identifica con la purezza del suono, e qui sta il carattere esoterico di questa antica concezione musicale. I greci comprendevano il potere creante del suono e la sua valenza alchemica. La purificazione, l’ascensione erano possibili se favorite da una gestione sapiente dei tre modi naturali – dorico, frigio, lidio – ognuno espresso in forma di tetracordo (4 suoni). L’armonia greca è perfettamente identificabile con la Tetraktys, la quale sintetizza questo processo in un unico simbolo contenente, tra le altre cose, il sunto dell’intero sistema greco antico: 4 suoni, disposti in 3 modi, sviluppati su 2 ottave e formanti 1 sola struttura armonica.


Confronto tra Tetraktys e sistema musicale greco

Il cosiddetto Sistema Téleion (sistema perfetto) è l’equivalente, nella concezione tonale, ovvero quella corrente in tutto l’Occidente odierno, di una scala naturale diatonica con due ottave di estensione; esso nasce dall’unione di due tetracordi posti agli estremi di una successione di 7 suoni diatonici, traducibile matematicamente nella somma 4+7+4 ovvero 4+3+4+4. Abbiamo, se così si può dire, 3 tetradi sormontate da una triade (è qui evidente l’importanza di una simmetria geometrica). Inoltre il prodotto 4x3 (quadrato e triangolo) genera 12 (cerchio). Dodici è il numero delle divinità del pantheon greco, così come dei semitoni formanti l’intera ottava musicale. Volendo instaurare un parallelo con le varie tradizioni esoteriche, il 7 centrale equivale alla sinergia tra i Quattro Elementi naturali e la Trimurti, o Trinità (4+3), e corrisponde perfettamente al numero dei chakra cardinali dell’anatomia umana sottile: tali centri energetici ascendono in frequenza oltre che in disposizione spaziale, esattamente come 7 note che si susseguono secondo i principi di armonia basilare. Tutto ciò apre uno scenario immenso in termini numerologici e sulla natura sacra dell’antica geometria musicale greca, evidenziata dalla purezza essenziale dell’architettura armonica. Senza entrare in ulteriori dettagli, basti riflettere sull’ovvietà attribuita da Platone alla natura sonora dell’organizzazione cosmica (in accordo con la visione pitagorica) e sul fatto che tale ipotesi non solo è confermata da tradizioni cosmogoniche altre, ma tutt’oggi corroborata da crescenti progressi negli studi di fisica quantistica.


Il tetracordo greco ha natura discendente in quanto manifestazione terrena (4 elementi) del suono proveniente dal cosmo (etere-quintessenza): la musica è infatti pensata come un dono divino. Contrariamente, la scala diatonica occidentale ha natura ascendente (7 chakra), come la tensione dell’uomo a tornare al cosmo stesso. In entrambi casi, che si tratti di incarnazione o di ascensione, il suono compie il medesimo cammino evidenziando la propria essenza cosmica.


In conclusione, l’apparato armonico in uso nella Grecia Antica mette decisamente in risalto il valore iniziatico che la musica, in una certa misura ed in relazione ad altre discipline e tradizioni esoteriche, può avere nel percorso di acquisizione di una conoscenza superiore. Per tornare all’incipit del nostro articolo: quale significato intendiamo dare alla musica? Come Richard Wagner attraverso Parsifal, siamo alla ricerca del nostro Graal e la musica, se non spodestata del ruolo sacro occupato fin dai primordi, rappresenta la ricerca stessa.










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